27 novembre 2008

VAMOS PELLEGRINO


49+17 = 66 km percorsi.
Sono veramente stanco.
Il passo lento ma continuo. Poi un passo più breve per riprendere fiato. Questo è il cammino.
Sofferenza per chi come me non ha apprezzato o saputo leggere i giusti consigli.
Insegna.
Sì. Questo sicuramente t'insegna a guardare avanti. Inutile il resto.
Il tempo passa e questo è inesorabile. E ti rimane il ricordo o la soddisfazione di quel sassolino che hai lasciato dietro di te 1, 2 o 10 secoli fa, quando pensavi che un solo centimetro in avanti fosse solo pazzia.
Ma chi me la fatto fare? Non lo so. Il destino? Non esiste fato su tanto sudore.

66+54= 120 km percorsi.
Il cammino è fatto dei tuoi limiti:
è razionale per i suoi punti di accoglienza. E' reso irrazionale per la propria disperazione.
Prima i chilometri appaiono come le cifre di un prestito: tante, poche. Non gli diamo peso.
Poi subentra il passo e la certezza del carico sulle spalle.
Si paga subito.
Allora si guarda la cartina la sera. E prima di aggiungere o togliere una tappa ci si pensa bene, fosse anche un solo chilometro. E la Spagna appare a noi per i suoi luoghi più sconosciuti. Migliaia di piedi hanno segnato un percorso che da 800 anni viene chiamato il “Cammino de Santiago”: il cammino di S. Giacomo.



L'essenza di questa avventura è l'iniziare a capire noi stessi.
E non c'è inganno in questo.
E' un meccanismo che piano piano frantuma tutte le certezze e le scoperte fisiche, tecnologiche di 2000 anni. Ti annulla anni di complicati ragionamenti.
All'inizio fai calcoli sulle percorrenze, sulle medie da tenere. Forse uno sguardo alle altimetrie. Poi i chilometri intesi come concetto di misura dell'uomo moderno, è il primo che si frantuma. Subentra il tempo. La lentezza del tuo passo. Il percorso. I panorami in cui intravedi il paese o la chiesa in lontananza. E lì vedi, intuisci la tua nuova meta.
Poi è la volta del concetto di misurazione del tempo, a morire. Un'ora, due, dieci non fa differenza. Almeno non è una differenza o un peso di sostanza. Non si hanno appuntamenti da rispettare per discutere del niente. Non esiste la freneticità del vuoto.
Ma perchè devo poi essere così avvilito per 2 minuti di ritardo, quando poi alla fine dell'incontro la sostanza è poca?
Il tempo come forma di potere, si annulla.
Il tempo come necessità di raggiungimento di una meta si ridimensiona.
Prende vigore il tempo come moto naturale del trascorrere degli eventi.

Questo concetti si sgretolano lentamente, per poi trasformarsi in un qualcosa di più vicino alla nostra natura di uomini.
Si sgretola quella parte di noi, che è da noi costruita. Su cui basiamo la nostra difesa. Le burocrazie, i ministeri, i sistemi, le velocità, con essi spariscono gli effetti deleteri su di noi. Spariscono le apprensioni, le gastriti, i nervosismi.

Il tutto s'inquadra in una nuova forma di comunicazione con noi stessi e con ciò che ci circonda. Anche se l'urbanizzazione delle estese campagne Spagnole ha sormontato con moderne infrastrutture questa dorsale di fede, di anime, di volontà, il cammino è rimasto all'interno della gente. Spesso, nei momenti di vera crisi (se mai affronterete questa avventura) troverete sempre qualcuno che vi saluterà con “bueno cammino”, incoraggiandovi a non mollare. Oppure, in mezzo ad un niente fatto di sole arso, troverete un piccolo angolo, una siepe con dal lato dell'ombra un seggiolo fatto di sassi, con sopra un sacchettino e dentro la speranza e la voglia di proseguire per il “pellegrino”: due pomodori e una zuppetta liofilizzata. Ringrazi Dio.

Sono ancora in viaggio. Forse lo terminerò nel prossimo anno. E a voi tutti,pellegrini e meno “bueno cammino”.